Nome e cognome?
Giorgia Salicandro.
Segno Particolare?
Amo riassumere così quello che faccio: scrivo per vivere, in vario modo.
La tua “prima volta”?
Ricordo la prima volta su un giornale, al liceo, grazie a un contest per le scuole, e quella in cui ho visto il mio nome su una pubblicazione collettiva di poesia, quando ancora il canale “lirico” era preponderante in me, su quello della prosa. Solo dopo, negli anni dell’Università, c’è stato il primo vero articolo su un quotidiano locale salentino che si chiamava Paese Nuovo. In quella redazione – un grande appartamento al quinto piano di un palazzo affacciato sulla villa comunale – ho vissuto esperienze intense e bellissime, tutte formative nel bene e nel male, per me che non sapevo ancora nulla del lavoro. E il “boxino” d’esordio con le mie iniziali in basso lo conservo ancora.
Ci sono molti motivi di gioia nel vedere un proprio testo pubblicato: per me, è prima di tutto il sollievo di sapere le mie parole fissate, salvate dal gorgo del tempo. Sono ossessionata dall’usura della memoria, per questo faccio sempre molte, troppe foto e conservo biglietti, note e oggetti vari con cura da feticista. Credo che la scrittura, allo stesso modo, abbia attecchito in me per l’esigenza di sconfiggere la dimenticanza dei dettagli superflui e preziosi, e a questa stessa esigenza si lega il desiderio di condividere la scrittura con gli altri, per farne, in qualche modo, dei testimoni.
Che cos’è per te la scrittura?
È il mio acquario, il mio habitat naturale. Se è la mia giornata buona posso anche risultare spigliata, ma la verità è che nel territorio dell’oralità, così come in ogni altra forma di comunicazione oltre la pagina scritta, continuo a sentirmi un po’ goffa, un po’ vacillante, un pesce fuor d’acqua. La scrittura è il luogo in cui sono a casa, quello in cui posso esprimermi nella mia personale lingua madre.
Una cosa di cui sei orgogliosa?
Nel mio piccolo, ho sempre utilizzato i mezzi a mia disposizione per dare voce alle persone, e in particolare alle storie che “non fanno notizia”, non solo e non tanto perché raccontano vite di gentecomune, ma perché ne approfondiscono la quotidianità, cercando di sottrarle, a volte, alla loro apparente banalità. Ogni storia ha qualcosa di affascinante e straordinario: ci credo davvero.
Penso che il lavoro dei colleghi che si impegnano a denunciare il marcio che pervade i gangli della società sia di primaria importanza, io però sono più affezionata alle buone notizie. Non cerco nemmeno supereroi, ma piuttosto i portavoce delle piccole grandi battaglie di resistenza quotidiana, di resistenza all’umanità, alla gentilezza, alla gioia: in fondo, sono quelle che ogni giorno riescono a fare andare vanti questo mondo.
Un’occasione perduta?
Ne ho perse molte per strada, in realtà sono molto facile a perdermi. Col tempo ho imparato che l’ansia da prestazione è la mia peggior nemica, e che come tale devo trattarla.
L’imperfezione, pur “imperfetta” che sia, ha gambe per camminare, la perfezione è un miraggio crudele che può ingannare, aggravare, o paralizzare qualunque passo.

Una figura che ti inspira?
Una per tutte, ma non di certo l’unica, David Foster Wallace nei suoi lavori da saggista reporter. Un libro su tutti, Una cosa divertente che non farò mai più (1997, edito in Italia da Minimunìm Fax): mi ha incantata l’uso consapevole che lo scrittore fa della sua totale estraneità al mondo dei viaggi da crociera (è questo l’oggetto del saggio), l’onestà con cui si dichiara e allo stesso tempo la genuina, acuta curiosità, il rispetto profondo verso l’oggetto della ricerca – qualunque esso sia – che lo porta a documentarsi con invidiabile perizia su ogni aspetto, sociale, storico, tecnico, di ciò di cui scrive.
Più di recente ho trovato un approccio in qualche modo simile nel meraviglioso Venne alla spiaggia un assassino di Elena Stancanelli (2019 La Nave di Teseo), un reportage ambientato su tutt’altro tipo di navi, quelle delle Ong che salvano le vite dei migranti nel Mediterraneo.
A colpirmi è stata la stessa ammissione di estraneità al contesto, che qui arriva a tracciare un autoritratto impietoso, persino goffo, ma che tuttavia non impedisce all’autrice di impegnarsi nel suo ruolo testimoniale con autentica partecipazione.
Mi affascina moltissimo questa strategia narrativa perché credo che, dopotutto, sia il modo più sincero di accostarsi alle vite degli altri, delle quali per forza di cose siamo sempre, in buona parte, incompetenti.
Con quale aggettivo descriveresti il tuo lavoro?
Direi “alato”, perché mi salva.

Perché acquistare un tuo libro?
Ti parlo dell’ultimo, I nuovi salentini. Storie di chi è arrivato nel Tacco d’Italia, edito da Tau Editrice a cura della Fondazione Migrantes. In queste pagine, con un lavoro condotto a più riprese nel corso di tre lunghi anni, ho cercato ancora una volta di raccontare storie che non fanno notizia. Oltre cinquanta, di persone che vivono nel Salento per scelta o per necessità, e che hanno percorso migliaia – o decine di migliaia – di chilometri per essere qui. Lo chef, il musicista, il pizzaiolo, l’assistente agli anziani, la donna d’affari, il titolare di un market notturno, il ballerino, la docente di lingue. Chi sono queste persone? Quale viaggio le ha portate ad essere qui? Quale tragedia, quale amore, quale caso o destino?
Sempre, sempre, chi si è messo in viaggio ha una grande storia da raccontare. E credo che dall’ascolto di queste storie tutti noi abbiamo molto da imparare: conosceremo meglio i nostri conterranei acquisiti e, forse, noi stessi, dato che anche la vasta ed eterogenea comunità degli stranieri ha contribuito a cambiare il volto del Salento.
Progetti per il futuro?
Vorrei mettermi finalmente a lavoro su una ricerca on the road sulla quale fantastico già da un po’. Se tutto va bene, potrò parlarne tra un annetto. Certo, dovrò prima attendere di poter uscire di casa! Questo lavoro implica necessariamente la condivisione di una vicinanza estrema con i miei interlocutori. Vedremo come andrà.
Giorgia Salicandro vive a Lecce. Giornalista freelance, collabora con diverse testate locali e nazionali occupandosi di fenomeni sociali, letteratura, musica, teatro, cinema.
A febbraio 2020 è uscito il suo ultimo libro, I nuovi salentini. Storie di chi è arrivato nel Tacco d‘Italia, edito da Tau Editrice nella collana Testimonianze e esperienze delle migrazioni a cura della Fondazione Migrantes, con la prefazione di Leonardo Palmisano e la postfazione di Igiaba Scego.
È redattrice del Rapporto italiani nel mondo della Fondazione Migrantes. Per l’edizione 2017 ha realizzato lo studio Socialità e cultura “tra i fornelli”: la “ricetta” della nuova Puglia nel mondo, per quella 2019 ha approfondito il tema della musica in Goodbye Italia. Cantare l’emigrazione italiana negli anni Duemila. Temi, immagini, voci.
Firma la rubrica “Casa. L’Italia da lontano” sulla rivista online BlogFoolk, dedicata alle canzoni dell’emigrazione italiana del terzo millennio.
Ha realizzato un’inchiesta sulla giovane emigrazione italiana pubblicata su Nuovo Quotidiano di Puglia nella rubrica “I nostri ragazzi nel mondo”, successivamente raccolta nel libro Torno quando voglio. Storie di salentini all’estero, oggi, Milella 2016. Per questo lavoro ha ricevuto nel 2017 il Premio giornalistico Antonio Maglio. Tra 2016 e 2017 ha tenuto la rubrica “Il mondo nel Salento” su Nuovo Quotidiano di Puglia, i cui testi sono confluiti nel libro I nuovi salentini insieme ad altri inediti. Ha collaborato in qualità di consulente alla Guida alle radici italiane. Un viaggio sulle tracce dei tuoi antenati di Raiz Italiana, promossa dal Maeci (2019).
Nell’estate 2016 ha realizzato, con il fotografo Daniele Coricciati, un reportage narrativo sulle tracce di Pier Vittorio Tondelli nel Salento pubblicato sul blog letterario Nazione Indiana con il patrocinio del Comune di Correggio e dell’Università del Salento. Ha prodotto i testi del libro Ricette scumbenate. Dodici storie pop di cucina atipica salentina, Edizioni Scumbenate 2017.
Nel 2019 ha curato il progetto Bach is Back, rassegna musicale ideata dal violoncellista Redi Hasa, promossa da Ponderosa Music & Art con il sostegno della Regione Puglia.
Cura la comunicazione di progetti artistici, culturali, sociali e d’impresa, occupandosi di rapporti con la stampa, social media, storytelling.