Segno Particolare: ScultriceIntervista a Claudia Zicari
Nome e cognome?
Claudia Zicari
Segno particolare?
Uno sotto il piede sinistro, quello di cui parlava Gino De Dominicis, e un altro sul viso, un neo-punto, ovvero un ente primitivo non troppo tendente allo zero.
La tua “prima volta”?
A sei anni, ho visto per la prima volta l’invisibile. È stata un’esperienza originaria alla M. M. Pounty, di quelle che poi, per tutta la vita, insegui e vuoi riprovare. Una percezione così chiara e nitida, anche nella mia memoria, che solo attraverso l’arte ho l’illusione di poter afferrare e materializzare, come perle macchine celibi di Raymond Roussel. Quindi, ogni volta che un’opera prende forma nella mia coscienza è come la prima volta. Se non fosse così, mi sarei già disamorata del fare arte.
Che cos’è per te l’Arte?
È il sacro, dietro cui si attua la mia ritualità. Ed è ancheil mio dispositivo linguistico, il mio propulsore intimo, il mio rifugio eremitico, la mia isola, il mio passepartout, il mio universo incontaminato incorrotto autentico.
“Building Europe” (2011), Piombo
Una cosa di cui sei orgogliosa?
Sono orgogliosa di ciò che riesco a fare con le mie mani, del rapporto che a volte, magicamente, si instaura tra me e la materia, quando riesco a percepirla oltre i suoi vincoli fisici e ne esploro nuove declinazioni e possibilità. Mi è successo con il piombo, ed è stato sorprendente scoprirne il potenziale polisemantico. Mi è ricapitato con la pelle –pelle di capra siriana di prima concia, un profumo intensissimo – che mi è stata donata molti anni prima che la usassi: avevo paura di toccarla, quasi, percependola come un’entità sacra, ancora vivente. Poi, un giorno, ho trovato il coraggio e mi sono messa in gioco in modo nuovo con questa entità/identità: è stata un’esperienza mistica, mi sono sentita così vicina alla terra da recuperare una percezione ancestrale del fare, come se fossi oltre il tempo, presente a me stessa già da un’epoca remota, arcaica e viceversa. È stato come danzare in una caverna del neolitico e scoprirne la ritualità sacra.
Claudia Zicari
Un’occasione perduta?
Sicuramente ce ne sono state, ma non ho rimpianti. La verità è che, se non le ho prese, o non ero pronta o non mi appartenevano.
Una figura che ti ispira?
Solo una? Ho avuto così tanti padri e madri spirituali che non saprei dire. Oggi, fermo restando che ancora mi accompagnano tutti e spesso mi capita di parlarci o ricevere indicazioni utilissime, sono molto attratta dai grandi eremiti, da coloro che hanno scelto un’esistenza minimale ordinata dal ritmo della natura e vivono in armonia con essa. Abitando a Galatina, poi, ho scoperto -affrescato meravigliosamente sulle pareti dell’incredibile Santa Caterina d’Alessandria- un grande eremita: sant’Onofrio. Mi divertedefinirlo il santo più freak di tutti, eremita nel deserto vestito dei suoi soli capelli. Il minimalismo più totale.
Con quale aggettivo descriveresti il tuo lavoro?
Esplorativo, ma anche erotico.
Perché acquistare una tua opera?
Perché ce ne si innamora e,poi, non ce n’è altre uguali e non ce ne sono due uguali a se stesse.
Progetti per il futuro?
Uno solo: inseguire la Grazia.
Claudia Zicari a Bergamo il 26 ottobre 1975. Vive e lavora nel Salento. Ha esposto alla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia nel 2014, alla Fondazione Orestiadi di Gibellina nel 2013, alla Galleria Exelettrofonica nel 2010.