Prima il Sud Come l’autonomia differenziata danneggia il Mezzogiorno

Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro della Padania.
La Padania? Sì. Probabilmente quel Francesco di Afragola, in provincia di Napoli, che qualche tempo fa ha baciato la mano a Matteo Salvini non se la ricorda.
La Padania era l’ossessione dei militanti della Lega Nord e lo è ancora. Nei raduni, nelle feste dei guerrieri padani, puoi sentire riecheggiare il nome di quella terra leggendaria bagnata dal Po, liberata! Liberata dai terroni. Si perché un’altra ossessione dei leghisti, ancora in verde, è il meridionale e il tormento risarcitorio. Il Sud sottrarrebbe le loro risorse in modo fraudolento.
Pensavate se ne fossero scordati?! Pensavate avessero perso le idee secessioniste, magari barattate con 49 milioni di euro?!
No, se lo ricordano chi sono!
Se lo ricordano chi siamo! Solo che ora non ce lo dicono più. Non ci chiamano più terroni e hanno tolto la parola “Nord” dal nome del partito. Hanno trovato un buon sponsor pronto ad appoggiarli e tra Lino Banfi e i porti chiusi, in sordina, stanno concludendo il misfatto che potrebbe mettere a dura prova l’Unità nazionale.
Ma partiamo dal principio. Non troppo. Scorrete velocemente le immagini e i discorsi di tutte le Pontida dal 1990 ad oggi e fermiamoci al 2001.
Nel 2001 la Riforma del Titolo V della Costituzione che sposta e ridistribuisce le competenze tra Stato e Regioni. E fino a qui tutto ok.
Nel 2017 Lombardia e Veneto indicono un referendum per decidere sull’autonomia regionale. Praticamente le Regioni chiedevano le competenze su tutte e 23 le materie per cui è teoricamente possibile in base alla Costituzione. Dal diritto allo studio universitario, alla scuola (gli insegnati diverrebbero dipendenti regionali e non più statali). Dai beni culturali alle politiche di sostegno alle imprese. Dalle infrastrutture alle grandi reti energetiche, fino alla protezione civile e ai vigili del fuoco. Potrebbero persino utilizzare un istituto di statistica regionale invece dell’ISTAT.
Naturalmente ai referendum trionfa il sì.
Da qui un exploit di richieste da parte di altre regioni del Nord pronte a seguirne le orme come l’Emilia Romagna e la Liguria.
È il febbraio del 2018 e il governo italiano firma una pre-intesa con la Regione Veneto per dare avvio all’autonomia.
Arriva il 4 marzo del 2018, elezioni politiche. Sappiamo com’è andata: al Nord trionfa il Centrodestra con la Lega al 17%, record storico per la formazione politica che aveva toccato minimi a una cifra solo qualche mese prima, e al Sud en plein del Movimento 5 Stelle. Varie situazioni, il governo non si riesce a fare finché Lega e M5S decidono di sottoscrivere un contratto di governo per guidare il paese.
Ed è proprio il contratto che segna, nero su bianco, l’impegno del governo. Quale?!
Cito testualmente: Sotto il profilo del regionalismo, l’impegno sarà quello di porre come questione prioritaria nell’agenda di Governo l’attribuzione, per tutte le Regioni che motivatamente lo richiedano, di maggiore autonomia in attuazione dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione, portando anche a rapida conclusione le trattative tra Governo e Regioni attualmente aperte.
E allora nulla possono i dissidenti meridionalisti pentastellati, che alle prime avvisaglie di ribellione, vengono bacchettati dai luogotenenti padani. Il sottosegretario Giorgetti, ad

esempio, afferma: Se dicono no all’autonomia vuol dire che vogliono far cadere il governo e Zaia rincara la dose: senza autonomia si va a casa.
Ma anche Salvini, che da anni corteggia l’elettorato del Sud, non perde occasione per sottolineare la vera sfida leghista: l’indipendenza sostanziale e formale del Nord!

Il 2019, dunque, è l’anno dell’avvio ufficiale del percorso di autonomia differenziata. Lo annuncia in questi giorni il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Erika Stefani, della Lega appunto, che esprime naturale soddisfazione.
Ma a questo punto, qual’è il vero problema della questione?
L’autonomia differenziata, il cosiddetto federalismo asimmetrico, è un lusso che le Regioni del Sud non possono permettersi. Almeno se lo schema resterà quello alla base della discussione in corso tra governo e Regioni del Centro-Nord Italia: seguendo quanto prevede l’articolo 116 della Costituzione, ulteriori poteri ai territori da poter finanziare con parte delle tasse pagate in loco.
E su questo fronte il Mezzogiorno è chiaramente perdente.
Basti guardare i dati dei residui fiscali, cioè la differenza tra quanto si raccoglie di gettito e quanto si spende per i propri cittadini. L’ultimo monitoraggio che risale al 2016 dimostra che la Campania registra un saldo negativo di 12 miliardi di euro, la Puglia e la Calabria intorno ai 10. Per raffronto, la Lombardia ha un residuo fiscale di 56 miliardi.
E dunque fa paura la richiesta del Veneto che trattenendo il 90% delle risorse farebbe un grave danno, ad esempio, alla sanità pubblica italiana. Infatti, con i soldi veneti si finanzia quasi tutto il fondo di perequazione che dà alla Campania 5 milioni di euro, alla Puglia 3,7 e alla Calabria quasi 2. Sì perché i veneti pagano più tasse degli altri italiani, è vero. Ma guadagnano anche di più e hanno molti più servizi. E’ il principio di solidarietà.
Ma senza questo gettito, lo Stato come potrebbe finanziare queste funzioni?
A farne le spese sarebbe solo le Regioni del Sud, abbandonate a se stesse, in quanto lo Stato dovrà necessariamente diminuire l’erogazione di risorse alle Regioni. Un calabrese sarà costretto ad andare al Nord per un’operazione o per trovare servizi migliori, e il Sud morirà lentamente.
Soluzione?
Investire prima sul Sud.
Già…Prima il Sud!
Perché il problema non è l’autonomia in sé. È lo status quo italiano che non permette una tale politica.
Ci siete mai stati a Matera? Prima capitale europea della cultura dell’Italia Meridionale. Dista da Roma circa 400km. Tempo di percorrenza in treno? Mediamente 7 ore e almeno due cambi. Roma-Milano, distanza circa 500km. Tempo di percorrenza in treno: massimo 3 ore!!!!
Sì, il nuovo motto di noi meridionali dev’essere questo.
Prima il Sud!
Perché ce lo meritiamo. Perché da quando i Savoia son venuti giù a portarsi su le nostre risorse, non abbiamo detto niente, li abbiamo fatti entrare, sedere, mangiare al nostro tavolo, per essere uniti, fratelli d’Italia.

E allora prima che la richiesta delle Regioni del Nord mini definitivamente le ragioni redistributive, solidaristiche e sociali previste dalla Costituzione, rendendo profondo il divario tra aree ricche del paese e aree povere, ledendo l’unità nazionale, risvegliamoci! Con orgoglio.
Prima il Sud!