1.
La sinistra, in politica è una difficile definizione: è quella parte della società la cui coscienza è fortemente segnata dai valori di libertà, di progresso, di solidarietà, di giustizia, di sicurezza. E però, non è un soggetto politico storicamente visibile e vivibile. La sinistra è una coscienza diffusa, comprendente al suo interno letture molteplici, qualche volta anche contraddittorie della società e dei suoi valori. E’ quindi naturale che essa si esprima attraverso una pluralità di protagonisti collettivi, di realtà politiche differenziate ed anche conflittuali. La riforma della sinistra passa anche attraverso la consapevolezza di questa contraddittorietà e complessità di esperienze che portano alla esigenza presente in tutta la società italiana di una radicale riforma della politica, dei suoi valori, del sistema che ne rappresenta la concreta quotidianità. Il tema dominante deve essere quello della rigenerazione di un rinnovato e grande soggetto politico al quale devono concorrere, con autonoma identità, i diversi protagonisti che rappresentano la storia ed il presente della sinistra, anche nella loro identità territoriale, sociale e culturale.
ll fatto nuovo è che nessuno di essi potrà più presentarsi come soggetto egemone portatore della verità; essi saranno attori e partecipi di un soggetto politico collettivo aperto e federativo nella sua cultura, la cui vitalità sarà il risultato della sua capacità di adesione alla realtà, alle sue trasformazioni, al suo dinamismo; e della sua capacità di governare il futuro dando soluzione ai problemi del presente.
La sinistra è necessaria perchè, affermando il primato della crescita, può modificare la scelta della austerità, rovesciando gli slogan populisti e mettendo finalmente sul terreno della concretezza, in Italia e in Europa, il diritto al lavoro; il diritto alla salute; il diritto alla sicurezza di vita e sociale; il diritto alla scuola; il diritto alle pari opportunità.
L’Europa è nata perchè questi diritti diventassero realtà. L’Europa si rafforza se sceglie la strada dello sviluppo e della solidarietà sociale, per vincere le diseguaglianze e dare certezze ai cittadini.
Di questo c’è bisogno. Questa è la sinistra necessaria.
2.
La sinistra di governo ha sprecato la sua occasione. Ha avuto ampia possibilità nel corso degli ultimi cinque anni, di rendere visibile il suo progetto riformatore, le sue capacità di governo, di rafforzare il legame con gli interessi più attivi e dinamici del Paese. In sintesi, di presentarsi come l’interprete delle speranze di riforma e delle possibilità di sviluppo della democrazia italiana.
Perché, invece, la sinistra sta perdendo?
Una prima considerazione è che attraverso questa esperienza di governo la sinistra che ne ha avuto diretta responsabilità, ha operato in modo da consentire che nell’opinione comune si formasse l’idea di un conflitto fra libertà e sinistra, sicurezza e sinistra, come concreta conseguenza di comportamenti, scelte, azioni di governo; questi comportamenti hanno determinato una disaffezione nei confronti della sinistra al governo ed una perdita di credibilità e di autorità dalla quale difficilmente si può uscire con dichiarazioni d’intenti o promesse per l’avvenire. Questa divaricazione , ed in alcuni casi contrapposizione fra libertà e sinistra, sicurezza e sinistra, è innaturale e quindi insopportabile per un elettorato che preferisce rifugiarsi nell’astensione e nel disimpegno.
Quindi la sinistra perde anche culturalmente.
Una seconda considerazione di carattere più politico è che la sinistra maggioritaria non aveva né progetto, né cultura dell’alternativa, ed era quindi impreparata, inconsapevole e poco convinta delle cose da fare e delle scelte da compiere. La stessa debolezza programmatica e strategica caratterizzava i suoi alleati cattolici e laici con i risultati visibili a tutti. In sostanza la sinistra al governo ha operato sulla difensiva, correggendo, non riformando. Rifugiandosi in contenitori forti (la moneta unica, l’Europa, l’affidabilità nelle alleanze internazionali), senza una sua chiara identità e obiettivi visibili di cambiamento.
Queste considerazioni devono essere argomentate e motivate non solo da un’analisi dei comportamenti di oggi, ma da una lettura critica del contesto.
3.
La storia delle democrazie mature in Europa, è la storia di un graduale ma inarrestabile processo di osmosi fra liberalismo, socialismo e riformismo cristiano. La lotta ai privilegi, il riscatto dei poveri e dei diseredati, la realizzazione della sicurezza di vita e di lavoro, l’affermazione del primato della giustizia sociale, avvenivano sul terreno degli interessi primari, del grande teatro dei conflitti economici e sociali. I valori del socialismo e del cristianesimo sociale, eguaglianza, solidarietà, sicurezza, giustizia, fratellanza, si contrapponevano ai valori di libertà, del liberalismo, sentiti come diritti individuali e quindi formali.
Questa contrapposizione, viene assorbita nella “società dei cittadini” in una grande sintesi politica e culturale. È venuta meno la cornice ideologica tradizionale; sono assorbiti e modificati nella dialettica della democrazia matura i temi di riscatto e protesta; viene trasformata nella sua struttura e nella sua coscienza sociale la “classe lavoratrice”, concepita troppo a lungo come immutabile madre al cui contatto rigenerare forze e concetti, dopo errori e sconfitte; si è maturata la figura del “nuovo lavoratore”, che supera la conflittualità impresa-lavoro definendo valori positivi per una nuova cultura del lavoro; è stato avviato il confronto con il “nuovo proletariato” che è generazionale ed intellettuale, è forza lavoro emarginata, sono gli esclusi dalla cittadinanza; tutto questo segna il mutamento antropologico conseguente agli anni della crisi.
Senza ambiguità e incertezze, la Civiltà del socialismo deve giustificare la propria nuova identità, definire la sua validità storica, dando le ragioni per cui non basta un modernismo democratico a rappresentare, nelle nuove condizioni della “società della crisi”, le prospettive di progresso e di giustizia, ma è necessario un protagonista rigenerato che sia il cuore e l`anima di una nuova sinistra di governo, espressione politica nel nostro tempo di questa integrazione fra socialismo, cristianesimo sociale,e liberalismo.
4.
Le ragioni di questa vitale civiltà socialista assumono forte significato, in coerenza con i valori fondamentali che hanno giustificato la nascita dei grandi movimenti che hanno dato senso alla storia del secolo passato: la giustizia sociale, la fraternità, l’eguaglianza, la libertà. Questi valori oggi si possono riassumere nella “nuova cittadinanza”, concetto complesso che riepiloga le tre idee-forza libertà positiva, giustizia, sicurezza.
Questo concetto non può essere affidato ad una definizione che sia astratta dalla concretezza delle condizioni di privilegio e di emarginazione, che attraversano oggi la società dei diritti e quindi lo Stato dei cittadini.
La “nuova cittadinanza” è il risultato della quantità di diritti soggettivi, civili, economici e politici, che deve essere uguale per tutti coloro che vivono nel mercato e nelle istituzioni civili e politiche di una democrazia.
Nella civiltà del socialismo, la limitazione del mercato e del potere della politica è nella piena attuazione di questa cittadinanza. l diritti (civili, economici, politici) non sono quindi una generalità neutrale, un principio astratto da usare come riferimento. Essi sono, al contrario, un filo conduttore di scelte politiche, di programmi di governo, di piattaforme rivendicative sindacali e sociali, di riforme istituzionali.
La loro base sono i diritti umani universali, che la stessa Unione Europea ha posto nella sua costituzione.
5.
Questa è la materia del “riformismo forte” che deve caratterizzare la sinistra necessaria, nei suoi comportamenti, nei suoi obiettivi, nella sua strategia di governo della democrazia. È necessario nell’età della globalizzazione, non lasciare indeterminata la definizione di democrazia, il suo pratico funzionamento, i suoi valori politici. La democrazia è una rivoluzione permanente, scrivevano i giovani socialisti di Quarto Stato; la democrazia è il cambiamento senza rivoluzione, scrivevano i liberali antigiacobini; la democrazia è un processo fra contraddittori ad armi pari, affermiamo noi oggi, nella società matura. Assumere la democrazia come “processo fra eguali”, significa essere obbligati ad affrontare il problema di chi sono i contraddittori; di quali sono le regole del processo; di chi è il garante attivo della parità di condizioni.
Ritornano in questo modo, in una dimensione diversa, i temi sui quali il confronto politico e culturale si è sviluppato negli ultimi anni del secolo passato: la libertà (positiva e/o negativa); lo Stato, garante della sicurezza nel suo rapporto con l’individuo ed i processi sociali; l’individuo nella sua dimensione personale e sociale. Siamo una società in trasformazione nella quale si è determinato il primato sul contenitore esterno (le istituzioni esecutive), della coscienza civile e politica dell’individuo che agisce come cittadino. È questo il significato profondo di una nuova democrazia: l`individuo sociale si fa Stato. Questa concezione della democrazia non tollera il “riformismo debole”.
6.
Cosa vuol dire riformismo debole? Quando la proposta riformatrice è isolata da un contesto organico di riferimenti che la sostenga e ne allarghi la capacità di orientamento e di influenza; quando la sua debolezza culturale la costringe a contaminazioni continue per poter sopravvivere; quando la contraddittorietà delle forze negli interessi a sostegno, obbligano a troppe mediazioni ed a compromessi snaturanti, perche sono conseguenza della necessità di attenuare gli effetti della riforma; allora il riformismo è “debole”, perché assorbito nelle attese e disgregato nella sua incidenza pratica. Sui grandi obiettivi riformatori che hanno segnato all’inizio la speranza ed i programmi del cosiddetto cambiamento,oggi al governo, è possibile riconoscere questo procedere dei riformismo debole.
Nella scelta del federalismo, incerta nei principi e, confusa troppe volte con un decentramento spinto e sostanzialmente inutile; nella scelta della,forma di Stato, essendo sostanzialmente irrisolta la questione dei poteri e della rappresentanza; nella soluzione del nodo dei rapporti fra forma di governo e legge elettorale, condizione di una efficiente governabilità; nella questione della giustizia, impropriamente affidata nei suoi esiti all’evolversi della situazione politica.
Ma anche in questioni più attinenti alle azioni di governo, si è evidenziata questa “debolezza” riformatrice: dalla questione pensionistica al conflitto di interessi; dalla formazione scolastica alle politiche di immigrazione; dalla politica fiscale alle politiche di sviluppo; dalle politiche del lavoro alla difesa della salute.
Non si riconosce una idea forza-ispiratrice, e quindi un blocco politico diverso nelle provenienze, ma convergente nelle alleanze di fondo, capace di essere protagonista di una vera grande riforma.
7.
La cultura e la politica del “riformismo forte”, vuol dire sviluppare tutte le conseguenze pratiche da una idea-guida, come può essere la centralità del cittadino; ricondurre le scelte di valori istituzionali ed etici alla coerente applicazione del primato della persona sullo Stato (che è alla base del federalismo vero); vuol dire tradurre in una legislazione che la realizzi, l’idea-guida della socialità come parte qualificante del processo economico e della vita associata; vuol dire far diventare qualificante nel rinnovamento del sistema politico, la forza aggregante del progetto come fattore di composizione e scomposizione dei soggetti attivi.
La sinistra necessaria dovrà portare questa cultura del riformismo forte nel Paese fra le persone che ne dovranno essere la materia umana.
Si deve considerare il socialismo come una civiltà che costruisce la Storia, e quindi il socialismo europeo come soggetto in divenire. Il Socialismo non può essere identificato e rinchiuso in una delle ideologie, o dei partiti, o dei sistemi politici che lo hanno rappresentato e che lo rappresentano; o essere ridotto ad un modesto pragmatismo governativo, o ad una lontana e generosa utopia.
Nella nuova stagione della Civiltà del Socialismo, ci deve essere la convinzione che vi sia la possibilità di dirigere il corso della storia, rendendo protagonista il popolo “attivo” e costruendo una democrazia fondata sui principi di fratellanza, solidarietà, giustizia sociale, libertà dal bisogno, eguaglianza delle opportunità, sicurezza di vita e di lavoro.
8.
Nel Mezzogiorno la riforma della politica si realizza partendo dal territorio, dagli interessi della comunità, dalla coscienza delle persone.
Il territorio non è soltanto uno spazio fisico, esso è una risorsa economica, una opportunità politica. Ma soprattutto assume identità come un insieme di caratteristiche ambientali, storiche, linguistiche, quasi di tonalità, che lo fanno sentire inconfondibile.
Il Mezzogiorno è l’Italia Mediterranea; ha tutte le caratteristiche per esser quel riferimento identitario forte ed aperto verso l’esterno.
Il Mediterraneo è ormai mare interno all’Europa, ai suoi interessi, al suo sviluppo. L’intreccio dell’Europa con il destino dei Paesi Mediterranei, arabi ed africani è imprescindibile. Le interdipendenze legate alla lotta al terrorismo, al governo delle migrazioni, al superamento delle crisi politiche e militari, economiche ed umanitarie, ma soprattutto di civiltà, tracciano la strada della convivenza come unico percorso realistico possibile. Questa convivenza nella sicurezza non può che essere il risultato per una concreta progettualità e di un consapevole lavoro politico. Essa è la proposta alternativa che viene avanzata nel culmine delle tensioni e delle contrapposizioni. L’Italia Mediterranea deve impegnarsi per costruire le condizioni che interrompano il processo di sradicamento rappresentato dalle migrazioni in corso ed avviare quel “rimbalzo di sviluppo” che deve coinvolgere altri Paesi europei del Mediterraneo ed i Paesi della sponda araba ed africana. E’ il rovesciamento della politica colonialista vecchia e nuova. Non si va in quei Paesi per sfruttare le materie prime ed il basso costo del lavoro, ma per favorire la produzione di ricchezza nel territorio ottenute con le risorse umane, con l’organizzazione e lo sviluppo, con la solidarietà e la formazione, con il trasferimento delle tecnologie. L’Italia Mediterranea diventa così la realtà centrale rispetto all’Europa del centro nord in cerca di stimoli per la sua ripresa e la periferia dei Paesi africani ed arabi da sospingere e guidare verso il risanamento sociale ed istituzionale e lo sviluppo economico e tecnologico. Diventa la grande piattaforma economica, logistica, culturale, tecnologica, che partecipa alla formazione del continente euro mediterraneo. Rovesciamo le priorità; andiamo oltre il Mezzogiorno; Rilanciamo la strategia di progresso dell’Europa, con un forte ruolo dell’Italia Mediterranea.
9.
Il destino della Unione Europea passa attraverso la rigenerazione delle sue finalità e delle sue politiche. Non basta affermare la continuità e difendere il presente. Nello scontro che si va definendo fra unionisti e sovranisti, la parola di confine è l’utilità dell’Unione Europea rispetto al benessere dei popoli. Gli unionisti la ribadiscono nell’assetto attuale. I sovranisti la negano affermando il primato dello stato nazionale.
Le elezioni europee del 2019, affronteranno un tema generale, l’Europa, attraverso la concreta dimensione degli interessi nazionali. Saranno le prime elezioni vere perché direttamente incardinate nella coscienza in formazione del conflitto in atto, nel quale le questioni interne ai singoli Paesi, di potere ed economiche, ma anche identitarie e sociali, si intrecciano sinergicamente con le evoluzioni del sistema comunitario, le sue difficoltà, problemi, conflitti, interessi contrapposti, debolezze politiche.
L’Europa, sta pagando la mancanza di sue strategie autonome compatibili con la crisi politica della dissoluzione dell’URSS, e con la globalizzazione dei mercati. Ma soprattutto la mancanza di un progetto europeo di sviluppo, di rifondazione istituzionale e territoriale, monetario e militare, con lo scopo di completare, o almeno portare molto avanti, il completamento del progetto politico comunitario. L’affrettato allargamento da 15 fino ai 28 Stati membri è stato un errore di mancato realismo.
La impotenza a decidere troppe volte manifestata su problemi importanti, sta rafforzando le tesi sovraniste sulla inutilità dell’Europa.
A questo bisogna rispondere con un forte messaggio politico che si identifichi in azioni visibili e capaci di muovere le coscienze. Queste elezioni non dovranno essere affrontate sulla difensiva, ma giocando d’attacco, sulla rigenerazione del progetto europeo, sulla crescita, sul lavoro.
Si deve comprendere la debolezza degli appelli generali e generici; si deve puntare su proposte definite ed impegni concreti sui quali raccogliere il consenso e le alleanze. Il Mediterraneo è un mare interno all’Europa e fa parte integralmente delle sue strategie. Il problema dei migranti va affrontato in questo quadro di riferimenti, e non affidato alle meschine spartizioni ed improbabili compensi.
Nel Mediterraneo l’Italia è gran parte dell’Unione Europea. Da questo si deve partire per spiegare ai cittadini italiani, in primo luogo, cosa è l’Italia Mediterranea. E farlo capire, con forza, ai concittadini europei.
10.
Nelle elezioni del 4 marzo la maggioranza dei cittadini del Mezzogiorno ha votato rifiutando di riconoscersi in nessuna delle prospettive sbandierate dalla classe dirigente al potere da tutte, destra, sinistra e centro.
Questo è stato interpretato come un rifiuto della politica, il disconoscimento di ogni sua funzione. In realtà il voto del 4 marzo è stato il rifiuto della delega; la messa in crisi della rappresentanza; l’affermazione di un nuovo potere, che vuole dare risposte dirette ad esigenze elementari e non accetta i vincoli della governabilità. E’ un diverso modo di fare politica pieno di rischi e privo di responsabilità generali, ma che si tiene con il consenso primario delle aspettative fini a se stesse.
I messaggi semplici, della sicurezza, contro gli stranieri; dell’assistenza, con il reddito di cittadinanza; della protezione sociale, con la riforma pensionistica sono forti ancoraggi al rapporto con una coscienza popolare (non populista, quella è un altro discorso).
Deve far riflettere il fatto che questi erano tutti temi portanti della sinistra, di fatto sbiaditi, o fraintesi, o semplicemente ignorati. Questo passo indietro della sinistra, strategico e culturale, ha lasciato campo libero alla gestione “populista” di questi temi, modificandone le ragioni di fondo, le conseguenze, la realizzabilità. Così la sicurezza (valore storico su cui è nato il movimento civile) è diventata un problema di ideologia repressiva e di polizia; il reddito di cittadinanza (che fa parte di una visione socialmente avanzata), è diventato assistenza senza coperture; la protezione sociale è diventata un intreccio di opportunismo generazionale e sforbiciate alle pensioni alte.
La sinistra, mai come ora necessaria, non deve ridursi alle contestazioni a prescindere; al rituale rifiuto parlamentare, alla polemica di piazza o di talk show. Deve riprendere, con gli altri, questi temi e rielaborarli nella sua proposta politica e progettuale, contrapponendo i suoi contenuti alle ipotesi altrui; la sua visione della progettualità di governo e del movimento degli interessi, con la approssimativa e strumentale proposta populista giustificata dalla ricerca di un transitorio consenso.
11.
Nel Mezzogiorno è il reddito di cittadinanza la mossa-spettacolo, che ha consentito, non da sola, un successo così importante. Non è semplice assistenzialismo: fa parte di una visione della società e dei suoi equilibri, che troviamo anche in alcuni settori della sinistra. Ma è l’opposto dello sviluppo che pure i 5stelle chiedono; è l’opposto della dignità della cittadinanza consapevole ed attiva.
Malgrado i proclami la povertà non si abolisce con decreto; il lavoro non si sostituisce con l’indennità. Sono tutte azioni dall’effetto transitorio, dalle improbabili risorse.
Ma non basta contestarle: si deve entrare nel merito e rispondere a una esigenza reale di una gran parte dei cittadini del Sud con una proposta concreta e percorribile. Trasformare gradualmente un improbabile reddito di cittadinanza nel salario di cittadinanza, risultato di una programmazione consapevole e lungimirante delle opportunità e delle risorse. Nell’Italia Mediterranea,con il pieno impegno delle Regioni e delle Autonomie locali,si possono mettere a sistema tutte quelle realtà di accumulazione sociale in un’area territoriale assai ampia. Questo dovrebbe accompagnare la graduale trasformazione del reddito di cittadinanza in salario di cittadinanza, recuperando e valorizzando pienamente il concetto di servizio civile,oggi modesta e marginale struttura. Bisognerebbe costruire un autentico servizio civile finalizzato al sostegno ed alla realizzazione di grandi progetti strategici per lo sviluppo del territorio:come la tutela del patrimonio idrogeologico; il risanamento dei beni culturali e paesaggistici; la manutenzione e valorizzazione necessari ad un Paese con le caratteristiche di accumulazione naturale e culturale;i progetti di sviluppo tecnologico diffuso come la banda larga;gli itinerari turistici e culturali; la difesa del patrimonio costiero;la efficienza dei servizi nei sistemi urbani. Il servizio civile,attraverso il reclutamento e la formazione del personale necessario,deve essere utilizzato come strumento di sostegno alle grandi progettualità. Tutto questo darebbe lavoro, e senso e ragione al salario di cittadinanza,che riguarderebbe una massa importante di occupati (non è il lavoro sociale delle 8 ore), e consentirebbe anche la utilizzazione di risorse già presenti nei bilanci della Pubblica Amministrazione;oltre alla partecipazione di capitali privati ed imprenditori compatibili ed interessati alla nuova progettualità delle Istituzioni Pubbliche.
12.
Nella civiltà del Socialismo, riconosciamo i fondamenti essenziali di una volontà di cambiamento, di riforma, di intervento sul presente, avendo memoria del passato e consapevolezza del futuro che si vuole costruire.
È il primo passo per la realizzazione di quel soggetto politico di grandi ambizioni, capace di suscitare nuove speranze nella democrazia italiana, sollecitando una sinistra necessaria perché riparta dalla verifica dei suoi valori e dalla convinta accettazione delle conseguenze pratiche (anche esistenziali) della loro realizzazione.
Nel tempo della globalizzazione economica e della società della comunicazione e della conoscenza, il valore fondamentale di una sinistra moderna è quello della fraternità,che si accompagna alla garanzia di sicurezza di vita e di lavoro.
La predicazione di Papa Francesco, ed i suoi effetti, cosi chiaramente visibili, sono la riprova di questa integrazione di valori fra cristianesimo e socialismo, che rappresenta la grande speranza alla quale affidare il ritrovato impegno della politica.
Dopo libertà ed eguaglianza, che segnano valori storici fondamentali nell`evoluzione della civiltà occidentale, la fraternità e la sicurezza rappresentano oggi il valore universale e nello stesso tempo pragmatico, di cui c’è bisogno.
La loro realizzazione comporta l’impegno e la responsabilità di ciascuno individuo, nei confronti dei suoi compagni di vita; accettarla come fondamento dell’esistenza, significa, laicamente, partecipare al significato universale della persona umana, e vivere il socialismo come la civiltà nella quale ci riconosciamo.