Il 2020 è entrato ufficialmente nella storia, un anno che non dimenticheremo mai, alla stregua di prima e seconda guerra mondiale.
Il 2020 verrà ricordato per aver tenuto chiusi nelle loro case tutti, o quasi, i cittadini italiani e del mondo. Una pandemia ha sconvolto le nostre vite, quelle dei nostri bambini, dei nostri genitori, dei nostri anziani. Ha cambiato tutto, le nostre priorità, i nostri punti di vista, e forse sta cambiando anche la comunicazione politica.
Ed è proprio di questo che parleremo.
La comunicazione è da sempre elemento essenziale della politica, tant’è che già ne parlava Aristotele nella sua opera “La Politica”, ma quand’essa è tesa a conquistare il favore di un pubblico cercando di influire sulla psicologia collettiva e sul comportamento delle masse, superando il limite dello scopo informativo o comunicativo, questa si trasforma in propaganda.
Ogni momento della storia è stato caratterizzato, dunque, dalla più o meno ingombrante presenza di esperti di comunicazione, di propaganda, da spindoctor, spesso veri e propri guru. Tra questi più o meno famosi, possiamo annoverare i più recenti Roger Stone, autore delle migliori campagne repubblicane statunitensi tra cui quelle di Richard Nixon, Ronald Reagan e Donald Trump o l’addetto stampa di Tony Blair e poi il responsabile alla comunicazione dei laburisti britannici, Alaister Campbell, tanto per citarne alcuni, ma nella storia sono tanti, dal primo spindoctor riconosciuto come tale Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud, al Ministro per la Stampa e la Propaganda dell’era fascista Galeazzo Ciano al più rinomato Goebbels, il Ministro della Propaganda nel Terzo Reich. E proprio quest’ultimo affermava sprezzante che “la propaganda non deve essere intelligente, deve avere successo” e pare che questa massima regni ancora oggi, anche in questi momenti d’emergenza.
Come è cambiata se è cambiata la comunicazione politica sotto il coronavirus?
Partiamo dall’inizio.
Il Presidente del Consiglio in carica Giuseppe Conte, firma lo stato d’emergenza per coronavirus il 31 di gennaio, il giorno dopo che l’OMS dichiarava l’emergenza globale. Lo stesso, qualche giorno prima, ospite a Otto e Mezzo su LA7 affermava che sarebbe andato tutto bene e che eravamo preparati ad affrontare quello che stava per travolgerci.
L’Italia è in panico!
Nella prime concitate fasi, il Premier appare in maniera assillante e convulsa su tutti i canali, specialmente in TV, è diventata celebre l’ospitata a Live Non è la D’Urso, ma anche da Fazio ed in qualsiasi altro programma, con un approccio talmente blando che i cittadini rimangono confusi, allibiti, impauriti, di fronte ad una situazione così nuova per tutti.
La situazione sembra gravissima, ma è passato un mese da quando il governo e l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno dato il via allo stato d’emergenza, ma fino ad allora non si era fatto nulla, nemmeno quello che è alla base: prepararsi.
Si perché anche per affrontare un’emergenza ci sono dei protocolli, anche comunicativi, da rispettare: le previsioni, la programmazione, la valutazione. Insomma non c’è nulla da improvvisare, basta seguire le prassi. Tra le regole della comunicazione d’emergenza c’è la necessità che sia solo una sola persona a parlare, eppure ognuno tra Presidenza del Consiglio, Protezione Civile, Ministri, Regione, Medici, avevano ufficialmente qualcosa da dire. Un’altra regola è avere una linea univoca sul “cosa dire”, e invece chi la definiva semplice influenza, chi una catastrofe, chi mascherine si, chi mascherine no…un caos totale.
Da quel momento l’Italia cambia. Cambia la politica, cambia la comunicazione politica.
La presenza del Presidente è costante, in maniera stramba, curiosa, borderline tra frasi patetiche, più che poetiche e la TV trash con l’ormai appuntamento fisso delle conferenze stampa, spesso di sabato alle 22 in diretta facebook. Come i programmi di punta dei migliori canali TV, come un normalissimo C’è Posta per Te o Ballando con le stelle. Un post sui social e tutte le televisioni sintonizzate sulla sua pagina pronte a mandare in onda le sue dirette.
Alcuni analisti hanno paragonato queste sue apparizioni alle migliori fireside chats, quelle conversazioni dal caminetto con cui Franklin Delano Roosevelt comunicava brutte notizie alla nazione, dalla Grande Depressione alla Seconda Guerra Mondiale.
Peccato che questa volta non fosse Roosevelt a parlare, ma Conte perennemente accompagnato dal suo fido spindoctor, tanto bravo nella comunicazione quanto poco attento ai suoi effetti, forse.
Partendo da quella notte in cui una bozza del primo Decreto del Presidente del Consiglio che annunciava restrizioni confuse in tutta Italia, è “sfuggita” dagli uffici di Chigi ed è finita su tutti i siti e le chat di whatsapp.
La fuga di notizie ha provocato un assalto alle stazioni di Milano. Centinaia di meridionali pronti a tornare al Sud, portando con se valigie e virus. Un disastro!
Le dirette facebook, c’è da dire, sul piano comunicativo sono un successo. Da uomo in crisi di governo, hanno trasformato il Premier in Gran Timoniere.
Come è vero che la popolarità di Conte dal febbraio 2020 ad oggi è cresciuta di molto, complice l’apprezzamento da parte della popolazione verso chi durante queste emergenze si è dimostrato disponibile ed impegnato in prima linea alla lotta al virus, nonostante gli errori. Contemporaneamente infatti è cresciuto anche il gradimento per i Governatori del Veneto e della Lombardia che pure sono della Lega.
Il premier schizza nei sondaggi al primo posto, superando Salvini e Meloni.
La propaganda delle opposizioni non attecchisce più nonostante le mille critiche provenienti anche dalla maggioranza sul modo di fare da Grande Fratello. No, non quello di Orwell, proprio il GF, quello di Mediaset.
Si perché il responsabile della comunicazione è proprio un gieffino che di comunicazione ne capisce e sa come piacere alla gente. Propaganda di successo, non per forza intelligente.
E lo dimostra ancora quando nell’ennesima diretta facebook anticipa un nuovo decreto che avrebbe rafforzato le restrizioni, tra cui sembrava avesse annunciato la chiusura dei supermercati.
E allora la gente disorientata assalta nella notte i supermercati. Un altro disastro.
E tanti, tanti altri disastri a seguire frutto di una comunicazione abbozzata, non chiara, concentrata solo sulla figura del Presidente, nuovo paladino nazionale, che sulle conseguenze e sullo stato dei cittadini. Una figura attraente, con quei suoi modi garbati ma decisi, un leader vanitoso e molto sicuro di sè.
Le dirette Facebook diventano un appuntamento istituzionale, ripreso a reti unificate ogni volta che ne annunciava una.
Questo lockdown che tiene a casa milioni di italiani, automaticamente ci spinge a rimanere collegati per ore e ore su internet. E allora si rimbalzano più velocemente i post dei cittadini esausti, strozzati dalla precaria situazione economica, mai risolta, si moltiplicano le fake news su questo strano nemico invisibile e le tesi improbabili di tuttologi certificati.
Sembrava che la situazione stesse migliorando con l’andar del tempo, le comunicazioni si facevano più pacate, chiare fino a che non è arrivata l’indimenticabile diretta prima di Pasqua.
Nella notte sembrava che dall’Eurogruppo il Governo avesse svenduto l’Italia. Tutta colpa di una serie di attacchi rivolti da Lega e Fratelli d’Italia sulla questione MES. Una questione talmente complessa e delicata che sfido chiunque abbia condiviso quegli attacchi a spiegarmelo. Un massiccio attacco social al governo fatto di meme e insulti e così Conte, in quella diretta, invece di rassicurare gli italiani sullo stato di cose, decide di trasformarla in un attacco personale ai leader dei due partiti dell’opposizione coinvolti che non lo avevano fatto dormire. Con tanto di “nomi e cognomi” con lo sfondo delle bandiere italiana e dell’europa e con tanto di logo, sotto di lui, con il simbolo della Repubblica e con scritto Presidenza del Consiglio. Da far invidia persino al presidente nordcoreano Kim. Un altro disastro.
Certo, sul piano comunicativo, un gran successo però.
La palla è nella metà campo avversaria, Conte ha fatto gol.
Ma c’è qualcosa che non va. Personalmente ho un forte senso delle istituzioni. Credo debbano essere sempre la guida pacata di un popolo che naturalmente si divide tra favorevoli e contrari. Credo debba essere la struttura che si fa carico delle responsabilità dell’intera società, specie in momenti di crisi come questi, a differenza dell’opposizione che rappresenta una forza politica, una fazione, e che non ha alcuna responsabilità di sorta se non quella di vigilare sull’operato della maggioranza.
Sento odore di vendetta.
Non credo moralmente corretto che si usino canali istituzionali per attaccare personalmente i propri avversari politici. Lo si può fare in mille modi, un articolo sul giornale più letto, un video sui social senza le reti unificate e senza il simbolo della Repubblica a garanzia di fiducia, un’intervista a Porta a Porta, una comparsata in qualsiasi programma, ma anche in tutti. Facesse lui!
A questo punto c’è da chiedersi: è davvero cambiata la comunicazione politica?
Si può dire che sono saltati tutti gli schemi, tutte le regole conosciute sono state abbandonate. Il primato dell’informazione è stato sostituito dal primato del consenso. Facebook ha sostituito le TV pubbliche. I social la società e non c’è più differenza tra il modo di comunicare istituzionale e il modo di comunicare informale.
Forse prima o poi saremmo stanchi di scambi di odio e tesi blande su questo o quell’argomento, saremo stanchi di una continua campagna elettorale che per definizione mette in un angolo la politica del fare per non perdere gli argomenti.
Perché il fare porta consenso, ma il consenso senza fare porta a innumerevoli danni.
Prima o poi ci stancheremo e torneremo alla politica bella, lungimirante, capace.
Prima o poi.