“Era una luminosa e fredda giornata d’aprile, e gli orologi battevano tredici colpi.”
Il Paese intorno era tutto fermo. Dalla società del benessere, in cui il consumismo imperversava, in cui molti dei cittadini occidentali inseguivano il capo più costoso, l’ultimissimo smartphone, l’evento più esclusivo, il viaggio più ricercato…siamo precipitati in un terribile romanzo distopico con l’umanità intenta a difendersi da un nemico invisibile.
Sappiamo tutti come è andata in Italia e com’è andata nel mondo.
Le critiche ad una gestione raffazzonata e approssimativa che ci ha catapultati, da un confinamento a marzo durato circa 60 giorni ad un’estate di zero limitazioni, fino a ritrovarci in una prevedibile (e prevista da tutti gli scienziati) seconda ondata pandemica che ci ha colti impreparati ancora una volta. Come lo eravamo sei mesi prima. Quando però il virus era sconosciuto, non si conosceva nulla di questa nuova minaccia mondiale e non si sapeva alcun dettaglio tecnico del suo comportamento. Allora sì, la paura era più forte di qualsiasi altro impulso umano, al profitto si preferiva la salute e si accettava, tutti insieme, di fare uno sforzo. L’inno d’Italia alle 18 dai balconi. Si accettava di rimanere a casa, anche con davanti un futuro economicamente nero per molti mesi. Lo si faceva per i propri genitori, per i propri figli. Per il prossimo.
Fare critiche ormai retoriche ad un governo completamento avulso dalle esigenze reali della popolazione è troppo facile, ormai monotono e noioso. Bar e ristoranti chiusi alle 18 mentre i trasporti pubblici sono stracolmi. Cinema e teatri chiusi nonostante siano luoghi in cui ci si sta seduti in silenzio, con ormai le sedute disposte secondo norme anti-covid. Palestre e piscine che hanno investito centinaia di risorse per mettere a nuova norma i propri luoghi, chiuse, mentre ci sono code chilometriche di dieci ore, o file immense in ospedali per niente organizzati, per un tampone. E la didattica a distanza nonostante i miliardi spesi per inutili banchi a rotelle.
Un vero delirio.
Come delirante è il metodo e gli usi delle parole.
Io, la mia generazione siamo cresciuti con l’estremo valore della parola Libertà.
Io in prima persona, sono cresciuto in una famiglia in cui la libertà e le responsabilità che ne derivano, erano e sono il principio fondamentale.
Ogni 27 gennaio, Giornata della Memoria, ogni 25 aprile, Festa della Liberazione, a scuola, in piazza, “Libertà” era la parola, il valore leitmotiv.
Da quando questa pandemia è iniziata l’uso delle parole è stato selvaggio e indiscriminato.
Stato di emergenza.
Confinamento.
Assembramento.
Distanziamento sociale.
Coprifuoco.
“Il ministro Badoglio succeduto a Mussolini ha indetto per l’Italia lo stato d’assedio con la legge del coprifuoco” era il 26 luglio 1943, il primo e ultimo coprifuoco in Italia. Fino ad oggi.
Se n’era parlato durante i cosiddetti “anni di piombo”, quando era facile passeggiare per una qualsiasi città d’Italia e ritrovarsi vittima di una pallottola vagante di chissà quale terrorista di chissà quale colore. Ma anche allora, nonostante gli assassinii, nonostante la paura, nonostante il pericolo, la libertà vinse anche contro la sete d’odio di chi insanguinava l’Italia in quegli anni.
È bastata la peggiore classe dirigente della storia repubblicana, priva di idee e di progetti, per ritrovarci ad usare, di nuovo, parole così pericolose.
Un detto buddhista recita: “le parole hanno il potere di distruggere e di creare”.
E allora sono felice che gli italiani abbiano iniziato a scendere in piazza, per far sentire la loro parola, quella che può annientare l’insulso utilizzo di altre pericolosissime come coprifuoco, confinamento, assembramenti.
Libertà, libertà, libertà.
Hanno provato a relegare le proteste come movimenti delinquenziali con chissà quale criminale regia. Ma il teatrino è finito.
“L’Italia s’è desta”!
È offensivo per tutti quegli imprenditori, commercianti, lavoratori autonomi che soffrono una crisi tremenda che ci metterà anni a risanarsi, liquidare come “violente” decine e decine di manifestazioni in tutta Italia. Tanto quanto è offensivo il comportamento di frange estremiste che fanno sciacallaggio di proteste per esprimere la loro rabbia sociale in quella maniera vergognosa che da giorni vediamo in TV.
Le parole hanno un peso enorme e non deve assolutamente essere normale che domani un nuovo personaggio prenda la guida del Paese per inseguire fini malati utilizzando parole che ormai erano fuori dall’uso comune, che tali devono rimanere ma alle quali ci stiamo tutti abituando, specie i più piccoli, a cui sembrerà ordinario. Non ci deve sembrare facile accettare nuovi coprifuoco o limitazioni della libertà per convincerci di doversi difendere da chissà quale nemico. Non può continuare ad essere un’emergenza dato che eravamo consapevoli di quello che sarebbe potuto succedere…si rischia di far diventare prassi ciò che è straordinario.
È già successo, può succedere ancora.
Quanto sono importanti le parole. E quanto è vile utilizzarle in maniera impropria e pericolosa per creare panico ed allarmismo.
Mi unisco alle grida dei commercianti, dei lavoratori che stanno riempiendo orgogliosamente le strade d’Italia in maniera pacifica per chiedere Libertà! Libertà! Libertà!
Libertà di vivere!
Perché senza lavoro non c’è profitto, senza profitto non c’è cibo, senza cibo non c’è vita.
Difendiamo la vita, difendiamo la libertà!
Proteggiamoci da questo infame nemico, ma difendiamoci anche da chi utilizza parole taglienti come lame nella psiche di ognuno di noi…No! Siate intelligenti!