Qualora utilizzassimo il principio di derivazione machiavellica per il quale il fine giustificherà sempre il mezzo, allora avremmo così trovato il senso e la ratio che muovono e tessono le fila delle serie televisive dei giorni nostri, dove i ribaltamenti di situazioni ed i relativi imprevisti e imprevedibili risvolti psicologici dei vari personaggi sono sempre dietro l’angolo, tutto per garantire sempre finali di stagione da lasciare incantato il pubblico stupefatto.
Rimane però talvolta, quantomeno per chi scrive questo articolo, una strana sensazione che in prima battuta sembra essere di smarrimento e confusione, andando però avanti acquista consapevolezza e si trasforma in disaffezione.
Sì, disaffezione per manifesto tradimento, perché lo spettatore è la vittima prescelta, il corpus autoriale killer metodico e cinico.
Non conta infatti per esso il grado di veridicità del carattere del personaggio, non conta quindi neanche quanto esso profilandosi nel susseguirsi delle puntate sia stato in grado di guadagnarsi finalmente la tua fiducia oppure definitivamente meritarsi il tuo disprezzo perché qualora ai fini del maggiore appeal del prodotto seriale si riscontrerà la necessità di ribaltarne completamente anche i tratti basici ed essenziali, sarà fatto senza il minimo dubbio, senza la minima esitazione.
In questa operazione industriale nel senso diametralmente opposto di artistico, c’è tutta la capacità narrativa della televisione tranne una cosa: la verità.
Manca il vero, manca l’ineluttabilità che esso porta per natura sempre con sé, manca la sua austerità di sentenza sulla realtà così come anche talvolta il suo potere consolatorio.
Nasciamo per morire scrivono gli arabi, viviamo in funzione conscia o inconscia che ci sarà un fine ed una fine.
La fine però penetrerà sin dall’inizio e detterà le linee guida dei nostri passi, anche i primissimi, formerà il nostro carattere e ci impedirà di stravolgerlo del tutto per non perdere chi abbiamo faticosamente conquistato e portarcelo con noi fino alla fine, appunto.
C’è immodificabile coerenza nello spirito della natura così come è inevitabile ci sia nel sua opera più bella e complessa come l’essere umano.
Ciò che invece non porta con sé questo elemento immutato e immutabile viene subito percepito, dagli animi più attenti o quantomeno sensibili, come al di fuori della natura, frutto di artifizio, estraneo quindi e se magari potenzialmente contemplabile e ammirabile mai però capace penetrare sin nel profondo e suscitare quindi emozioni vere.
Rimangono semmai gli effetti così prodotti da questo tipo di serialità industriale in superficie per essere poi spazzati via dalla prossima puntata e dalla nuova sensazione che porterà con sé, il tutto con una facilità disarmante.
E qui sta il grande inganno della serialità televisiva, l’illusione che tutto passi senza lasciare traccia mentre la più grande lezione della vita è invece che ogni cosa ci segna, qualcuna più qualcuna meno, lasciando comunque un segno, piccolo o grande che sia, che contribuirà alla nostra immagine definitiva quando arriverà all’inevitabile fine.