Che cosa vuol dire essere socialisti nel XXI secolo? Una possibilità

Durante un viaggio in treno circa 2 anni fa incontrai un Ministro della Prima Repubblica. Non mi conosceva ma conosceva mio padre. Mi aveva visto in fasce.
Avviammo una conversazione cordiale tra arte, cultura e politica. E la storia.
Già professore universitario, deputato, giornalista.
Allora era non più facile ma forse più semplice.
Ecco la semplicità. Con molta di questa dedicò il suo tempo a un giovane che non conosceva, tralasciando il suo lavoro.
Parlammo di Mario Schifano, Carmelo Bene, Marx.
E della storia. Mi disse: “il socialismo non è un’ideologia politica, è una civiltà”.

Mi sono portato dentro quelle parole per tutto questo tempo, cosciente del loro peso e dello spessore umano e politico di chi le aveva pronunciate.
Non dimentico il calore e la serenità di quell’uomo.

C’è un legame tra lentezza e memoria e tra velocità e oblio – scrive Milan Kundera.

Sono trascorsi molti anni dalla fine della Prima Repubblica e no, la nostalgia non mi appartiene.
Eppure ho in mente quanto qualità umane e politiche contassero allora. Oggi che la politica assomiglia a un reality, le ritrovo in pochissimi rari casi.

E allora che senso ha dirsi socialisti oggi?

Osservando il mondo, leggendo, studiando ho trovato la risposta. O meglio le risposte.

La crisi degli ultimi 13 anni ha lacerato la società. L’ha divisa, indebolita, dis-integrata. Ci sentiamo più soli, sempre in competizione con qualcuno. Per qualcosa. Anche sui social. Una vita sovraesposta e nuda.
Intanto il mondo tende a uniformarsi, le città si assomigliano sempre di più e ci si riconosce nella pratica del consumo, l’unica abilitante perché ci fa sentire parte di un “mondo”.

Un mondo finto, costruito, artefatto, mentre i diritti scompaiono man mano e le conquiste del secolo scorso scompaiono.
Si pensi allo Statuto dei lavoratori. L’ha fatto un socialista.
La protezione sociale dei diritti è il cardine del pensiero socialista. Diritti sociali e diritti civili non sono in contrasto ma in armonia in quel pensiero.

Sin dalle origini il pensiero socialista parla ci lavoro, donne, bambini, categorie deboli. Parla di diritti della persona.
E tutte le lotte vanno in quella direzione.
Più diritti per tutti. Nel tempo questi concetti si traducono in scolarizzazione di massa, protezione del lavoro, senza discriminare anzi premiando sia chi meno capace per stare meglio, sia chi più capace per avere riconosciuti i frutti degli sforzi compiuti.
Una visione di società sana in cui non esiste solo il mercato. Questo è un modo e non il modo possibile di allocare le risorse.
A differenza del comunismo che è un’ideologia la cui traduzione politica spesso distorta ha anche fatto molti danni, come ogni visione totalitaria che l’umanità ha conosciuto, il socialismo è una civiltà.

A quest’ultimo termine il dizionario Treccani assegna due accezioni: da un lato La forma particolare con cui si manifesta la vita materiale, sociale e spirituale d’un popolo, dall’altro è spesso sinonimo di progresso, in opposizione a barbarie, per indicare da un lato l’insieme delle conquiste dell’uomo sulla natura, dall’altro un certo grado di perfezione nell’ordinamento sociale, nelle istituzioni, in tutto ciò che, nella vita di un popolo o di una società, è suscettibile di miglioramento.

Ecco l’attualità del socialismo. Una forma di progresso “collettivo” della società contro la barbarie del neoliberismo che discrimina, disgrega, dis-integra.
Dall’altro la pinta al migliorare l’ordinamento sociale, le istituzioni e la qualità
della vita di un popolo o di una società.
Lavorare meno, lavorare tutti, avere un livello medio di sussistenza assicurato come base minima comune. Avere più tempo per la famiglia e per i propri cari. Per se stessi. Coltivando le proprie passioni. Essere disponibili per gli altri.

Avere più diritti. Pensate ai riders, ai lavoratori precari, ai disoccupati.
Pensate alle madri che rischiano il posto se incinte.
Pensate ai molti senza tetto.
O a chi mentre era l’uomo d’affari più in vista del momento non ha avuto tempo per curare il proprio stato di salute.
Già perché come insegna Totò siamo tutti uguali in una cosa sola.
La vita. È il nostro bene più prezioso.
Per le conquiste della scienza e della tecnica potremmo vivere tutti una vita di maggiore qualità.
Per la quantità di cibo che sprechiamo potremmo sfamare più che l’intera umanità.
Ci sarebbero meno guerre e meno dolore.
Non è un’utopia è una possibilità che abbiamo.
Una speranza. Senza retorica.