Nei vari percorsi affrontati nel corso della mia, seppur giovane, vita non mi era mai capitato di trovare alcun soggetto così al di fuori di ogni categoria possibile.
Non so descrivere a parole quel che penso, d’altronde l’ha insegnato lui che non si può dire il pensato, tantomeno scrivere.
Merita lodi Carmelo, merita encomi, merita opere, merita tanto e tutto, ma forse gli si dedica poco.
Non si sa dove categorizzarlo, è vero!
Lo mettiamo tra gli attori? Tra i filosofi?
Lo mettiamo nei libri di teatro? Ma se lui era il teatro
(“Cosa ne so io del teatro, se sono io stesso il teatro?” -ipse dixit-)
come facciamo a recensirlo? Non si può recensire un classico!
Mettiamolo, e basta!
Nei libri di teatro, nei libri di filosofia, nei blog culturali, dovunque.
Facciamo conoscere Carmelo a tutti, è un dovere morale, lo si deve alla cultura, lo si deve alla coscienza!
Chi lo conosce, sa di cosa parlo, chi ancora non lo conosce approfitti di quel che sto dicendo!
Fatte queste premesse, non ci si fossilizzi troppo sulle frasi di CB sul tempo, sulla storia e via discorrendo, poiché volutamente arzigogolate a tal punto da portare allo smarrimento, quello smarrimento che lo ha contraddistinto.
Non cadiamo nel voluto errore dei critici che si fermavano (e si fermano) alla struttura, perché qui non ci sono strutture, “Non c’è follia e non c’è metodo”, per capirlo bisogna rovinare le rovine, uscire dal modo.
Personaggio artisticamente davvero fuori dal tempo; molti artisti/autori sono datati o databili o da inserire in periodi storici, lui no perché è realmente rimasto eterno per il contributo che ha lasciato, possiamo star certi che fra 300 anni verrà studiato ancora così come oggi noi ancora studiamo i grandi classici.
Eterno così come son rimasti eterni Shakespeare, Leopardi, Socrate e via dicendo.
E, attenzione a quel che dico, CB, nell’analisi della produzione artistica, va anche oltre questi mostri sacri, ma analizziamo tale assunto: pur essendo stati rivoluzionari, unici, maestosi e, quindi, immortali ed eterni, i classici differiscono da CB o, per meglio dire, CB differisce da loro poiché distrugge la parola, distrugge il personaggio, distrugge il senso, distrugge tutto provocando un’immobilità dinanzi alla quale l’osservatore non può far altro che abbandonarsi per comprendere.
Perché dietro a quel non dire CB dice tutto!
Carmelo Bene dice che il tempo non esiste, ma lui, il tempo, l’ha bloccato e l’ha annullato, assieme al modo.
In qualsivoglia modo di leggerli, il tempo e il modo.
Irrappresentabile lui, irrappresentabile tutto.
Ha avuto su di me lo stesso effetto che ebbe Joyce su di lui, perché, non lo si può negare, è evidentissima l’influenza di Joyce su CB.
Joyce sconvolge e Carmelo destruttura.
Non c’è nesso tra scritto e orale, non si può dire il non detto, potrei essere colto da monologhi interiori che leggendo e rileggendo e rileggendo non sto mai a dire quanto davvero ho pensato, m’è sfuggito l’attimo, il presente, l’atto, tutto.
Ma non mi sfugge Carmelo.
Il togliere di scena, da qualsivoglia scena, mi ha investito.
Quella grandiosità, quella magnificenza che è stato il suo teatro.
Più toglieva e più era bello!
Quelle battute pronte, forti, volte a schiaffeggiare chiunque, nelle interviste.
Tutti quelli che impugnano l’ovvio cadendo costantemente in retoriche e morali ormai trite e ritrite!
Mi ha lasciato quel senso del distacco dalla stessa vita, ma non del disprezzo di questa; quel distacco che De André chiamava aristocratico, perché sì, chi s’appassiona di cultura, d’arte, di letteratura sembra un puntino fuori dal cerchio.
Non l’eletto, ma l’estraneo, un po’ come si sentiva Baudelaire.
Quasi il pazzo.
Mi ha lasciato quel giusto cinismo che ci vuole a definirli tutti, o quasi tutti, falsi, nascosti in ipocrisie sociali, religiose, mondane.
Incapaci di sfondare porte aperte, sempre ipse…dixit!
Carmelo mi ha svegliato, da quel torpore del credere nella politica e nella bontà umana. Non c’è nulla, puoi solo puntare a diventare un capolavoro.
Tranquillo, caro CB, non si tratta di far proseliti, non si tratta di rinnegare se stessi, il padre e la madre per smarrirsi, si tratta solo di comprenderti, perché lo sai bene anche tu che più di qualcuno “l’ha visto il miracolo”, il tuo miracolo; e non può restarci indifferente.
Devi essere visitato, chi non ti conosce, deve conoscerti, visitarti, smarrirsi e puntare ad essere un capolavoro!
Preso atto che l’uomo non è buono, preso atto che non c’è nesso tra pensato e detto, tra pensato e scritto, preso atto di tutto, resta solo superar se stessi, essere un capolavoro.
Certo, bisogna anche ben comprendere quel che si sta qui dicendo eh.
Andiamoci piano con il voler qui trasmettere sensi di disprezzo totale verso l’essere, di disprezzo totale verso ogni cosa.
E anche se qualcuno malinterpretasse, saremmo ancora qui a dire che CB aveva ragione, perché quello che sto qui a dire lo sto capendo sol’io, è difficile essere compreso da tutti.
Non hanno capito direttamente CB, figurarsi un pensiero di altro soggetto su di lui.
Non siamo qui davanti a un figlio del dio Bene (minuscole e maiuscole volute e dovute !), non siamo davanti ad un adoratore del sacro culto beniano, si tratta, “semplicemente” (virgolettiamolo!) di sottolineare una grande e diversa ed immensa eternità, di prendere il buono (ed il bene) di ciò che era e ha lasciato, di comprendere sul serio cosa vuol dire uscir dall’ovvio (ognuno può intendere, a suo modo, di scardinare l’ordine costituito, di distinguersi e, torniamo lì, di essere un capolavoro), di comprendere il messaggio insito nei suoi spettacoli, nelle sue opere, sull’incomunicabilità di ogni cosa, perché ha davvero rivoluzionato il sistema, se ci riflettiamo!
Non è una questione che si può fraintendere, si tratta solo di intendere un qualcosa che è stato di un buio, volutamente, chiarissimo!
Non ci resta che invocare nostra signora dei turchi e frate asino, nella speranza che qualcun altro appaia alla madonna!
Cibatevi di cultura, di arte, di poesia, di letteratura, ma non fate a meno di cibarvi di Carmelo Bene, perché uno così non nasce spesso, anzi, non è mai nato!