Afghanistan in Amore

La rivoluzione sentimentale al femminile nella tradizione orale del Landay afghano.

Put your mouth on mine
but leave my tongue free to speak to you of love.

Posa le tue labbra sulle mie
ma lascia la mia lingua libera di parlarti d’amore.

Ai margini del mondo occidentale, l’Afghanistan è il posto peggiore in cui nascere donna. Mentre le maggiori potenze mondiali si contendono il controllo di questa terra, una silenziosa, ma potentissima espressione poetica denuncia la condizione femminile. Sono le donne stesse a raccontarsi, a ribadire con coraggio che hanno un corpo, una voce e un pensiero. Sotto il pesante burqua che le ricopre fino ai piedi il campo di battaglia è il cuore, le armi la loro canzone tradizionale del Landay; lo scopo non è solo sopravvivere, ma ricostruirsi, essere soggetto attivo della propria vita sentimentale e corporale.
In questo angolo di territorio arabo le relazioni con il sesso maschile sono tra le più difficili: gli uomini sono gl artefici dalle violenti leggi tribali, della guerra, dei matrimoni forzati, della negazione dei diritti fondamentali: pensare, scegliere, esprimere.

I Landay hanno tradizione millenaria. Sono versi brevissimi, da qui il nome Landay, piccola serpe o serpentello velenoso, ed erano la cornice musicale di matrimoni, feste, momenti conviviali e spensierati prima che l’arrivo dei talebani vietasse, dal 1992 ancora ad oggi, l’arte della musica, del canto, della poesia. La lingua è costretta alla clandestinità, è origliata attraverso i programmi radiofonici, imparata a bocconi dalle proprie madri, inseguita con coraggio nelle poche scuole improvvisate e costantemente minacciate dai talebani. Le donne rischiano quotidianamente la loro vita per perseguire un’istruzione. Non solo, la recitazione dei Landay sono eventi pericolosi per la quale molte giovani donne sono vittime delle violenze dei loro mariti, fratelli e padri.

Questa antica tradizione orale è oggi più che mai contemporanea e tramandata dalle donne sotto l’anonimato di un filo invisibili di alleanze. Ognuna di loro ne conserva l’immemore spartito e nella cassa armonica del proprio cuore i sentimenti evolvono e si realizzano in ritmo, metafore, rime. In poesia si riconoscono come esistenze pensanti, rispondenti dei loro sensi e delle loro emozioni.

Alle donne afghane, in particolare quella della comunità Pashto perchè particolarmente conservatrice ed estremista, non è permesso amare. Il sentimento è estromesso dalla quotidianità e dagli accordi matrimoniali, ma attraverso la parola polifonica, multiforme, dimensionalmente profonda della poesia, diventa spazio vitale di espressione sensibile: il sentimento e l’amore tornano alla vita. Mai estromesso dal contesto quotidiano si configura come una battaglia silente di potere tra uomo e donna. Il più forte in amore non è colui che resiste all’altro e che sull’altro si erge come despota e possidente, ma al contrario chi sceglie di arrendersi alla libertà rispondente dei sentimenti e all’ascolto dell’altro. La poetica del femminile, in questo, dimostra una maturità profonda che attinge alle esigenze universali del cuore.

La coscienza femminile, nel componimento citato, denuncia con semplicità la violenza maschile. A una prima lettura trasmette l’impossibilità per la donna non di essere corpo sensuale, perciò sensibile, e libertà espressiva di pensiero, azione, esistenza. L’anima del componimento respira nelle nell’articolazione di due livelli testuali: uno superficiale e di immediata comprensione rappresentato dallo spazio fisico tra la donna che si abbandona alla ricerca del bacio e un secondo livello sotteso, intuitivo, profondamente vivo espresso dalla dimensione delle connessioni dei sensi aperti di “lingua”, “parlare” e “amore”. L’incontro di queste tre parole è il senso ultimo dell’intero distico, capace di dimostrare come l’Io femminile ritorni espresso, espressivo, interrogativo e perciò esistente.

La sensibilità femminile ha realizzato l’immagine di un bacio che racchiude in sé tutta una condizione di disumano tormento, prigionia, con estrema e semplice eleganza.

“Posa le tue labbra sulle mie”.

Le donne pashto, nonostante le privazioni, conoscono la dimensione del proprio corpo perchè la scoprono e la attraversano nelle maglie libere del linguaggio. Il piacere femminile è messo a tacere, eppure, tenaci come la dura neve dell’inverno afghano, rivendicano la propria autonomia e il controllo sui sensi. La donna tende all’altro e offre le labbra al compagno, al marito, quasi sempre molto più anziano di lei e imposto dalle famiglie. Molti componimenti della tradizione del Landay celebrano la sessualità femminile, la ricerca del corpo maschile, la consapevolezza della desiderio sessuale e delle esigenze del piacere. Il linguaggio poetico, per la sua qualità democratica e obiettiva, asettica, lontana dai giudizi e pregiudizi sociali, è lo spazio in cui le parole acquistano una quarta dimensione, quella della possibilità. La metafora, in particolare, disintegra i confini dei significati linguistici e li fonde operando una metamorfosi generatrice. La parola nuova, nella quarta dimensione possibile della poesia, diventa lo sguardo nuovo sulla vita, sul proprio corpo, sulla morale, sull’etica e sulle relazioni con l’altro. 

Ma lascia la mia lingua libera di parlarti d’amore“.

La donna chiede ed esercita il proprio diritto di parola, di scelta, come portavoce di un sentire, di un’idea e di un sentimento. Chiede che l’altro non solo lasci la sua lingua libera di essere parte attiva di un bacio, ma espressione dell’amore e di un dialogo in cui ella è parte agente. L’amante è un carnefice e la donna con i suoi sentimento sono le vittime designate.

Quando il confine del senso di “lingua” e del senso di “amore” si aprono all’incontro, il verbo “parlare” determina il loro legame, le nuove connessioni metaforiche che sono il reticolo costituente dell’espressione sensibile. Le parole evocano una corrispondenza di sensazioni e la poesia ne è la loro celebrazione. Il senso di lingua, fin dal primo verso legato alla dimensione fisica di un bacio, si apre come un tessuto dal quale viene tirato via un filo di cotone e tutto il resto cede di conseguenza. Cedono le strutture del pensiero, le trame del quotidiano e del convenzionale, cedono le strutture sociali e tribali. È un atto di rivoluzione vero e proprio contro il sistema.

L’uomo non detiene più il controllo del desiderio femminile per spezzarlo e umiliarlo, ma, almeno poeticamente, la donna realizza una società orizzontale in cui vivere sullo stesso piano del sentimento e della libertà. Le azioni maschili sono immediatamente intuibili. Vuol dire che “lascia la mia lingua libera di parlarti d’amore” include una realtà in cui alla donna non è permesso discutere ed esprimersi sull’amore. La parola dell’uomo, che nel verso non compare ma è sottointeso, agguanta rapace la coscienza femminile e si configura come verbo del potere, perciò rigido. Le corrispondenze poetiche sono tipiche di un linguaggio, al contrario, malleabile, plastico, generatore, biologicamente quasi femminile perchè grembo delle connessioni. La lingua della poesia è rivoluzionaria e pericolosa per la lingua del potere perchè non essendo dura, univoca nel senso e sorda ai bisogni dell’altro, si adatta come acqua e s’infiltra nelle armature dei sensi.

Cosa significa che la lingua sia libera di parlare d’amore? La donna pashto attraverso il verbo “parlare” (to speak) ha rivoluzionato il senso convenzionale del bacio per trasmettere una visione unica e personale. Il secondo verso, come figura retorica della lingua che parla d’amore, è la genesi della metamorfosi del corporeo in evocazione, astrattezza, sentimento, cuore. La libertà ha le forme anticonvenzionali che le donne pashto tramandano oralmente in poesia da oltre quarant’anni, da quando la guerra ha legittimato la loro subordinazione sociale e nei rapporti interpersonali: la forma di una lingua sensibile e attiva, luogo di pensiero e di esistenza. Poter parlare d’amore è allo stesso tempo respirare una vita degna di essere vissuta.

La capacità riflessiva, autocritica, estremamente democratica della poesia permette all’Io depauperato dai suoi strumenti espressivi di armarsi e costruirsi di nuovo. La tradizione orale del Landay acquista un valore enorme nel contesto contemporaneo di un Afghanistan martoriato dalle guerre, esso è la rivoluzione attiva e silenziosa delle donne locali, ma non per questo invisibile. La bellezza dei componimenti femminili è disarmante ed è portatrice di una rivoluzione morale basata sui diritti fondamentali dell’uomo e sulla autodeterminazione della propria coscienza. Queste anime anonime partecipano collettivamente alla liberazione di tutte le donne afghane e del mondo. Ogni donna ricostruita è un passo in avanti verso la libertà di questo popolo.

Può una antica tradizione poetica popolare tracciare, ispirare e sostenere la strada comune verso la libertà.

Io brucio in segreto, piango in segreto,

sono la donna Pashto che non può svelare il suo amore.

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